il blog dell'E45 Fringe Festival

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martedì 5 luglio 2011

ALICE’S ROOM di Maria Venuso

  Calorosi applausi hanno accompagnato i due giorni della messa in scena di Alice’s Room, della siciliana Giovanna Velardi, che ha saputo strutturare una complessa visione dei personaggi-chiave della fiaba di L. Carroll per un ensemble di sei danzatori e un mimo. È quest’ultimo, Franz Cantalupo nelle vesti di Brucaliffo, a dare inizio allo spettacolo entrando dalla platea con una piccola Alice di pezza aggrappata al dorso, bambola simbolo inquietante di una giovane vita che deve crescere uscendo dalla propria stanza, che deve iniziare a capire il mondo perverso degli uomini e affrontare la Regina, “cinque volte più intelligente” di lei. La stessa Velardi interpreta magistralmente la Regina di cuori, impegnata per buona parte dello spettacolo nella parte sinistra del proscenio a mimare la follia della potente donna borghese oramai priva della sua storica autorità, in un guizzo continuo di strepiti e movimenti rapidissimi delle mani, che sottolineano con precisione ogni nota e fanno leggere la musica agli spettatori, anche a quelli meno esperti in materia. Alter ego della Regina, collocato al di là di una rete che divide a metà il palcoscenico, è la bimba Alice, interpretata dalla brava Alice Zanoni, danzatrice “di linea” - come si dice in gergo. Immobile in tutta la prima parte, soggiogata dai movimenti dell’altra donna, che si affanna a voler imporre un fantomatico silenzio a chi le sta intorno, Alice reca in mano due pupazzetti dalle sembianze infantili. Le proiezioni del suo mondo puerile prendono corpo nei quattro danzatori (Dario Tumminia, Simona Miraglia, Emanuela Fenech Giuseppe Muscarello), tutti abbigliati come lei, i quali si muovono attorno alla protagonista con frenesia e nervosismo, generando nello spettatore, con il contributo della musica, una sensazione di ansia e di curiosità. Scomparse le proiezioni infantili della mente, Alice può confrontarsi con la Regina in un duetto in cui i piani paralleli delle protagoniste non si incrociano mai. Registri differenti utilizzati per la danza di ognuna, così come la varietà delle scelte musicali (talvolta un po’ pesanti, ma funzionali all’intento), permettono di seguire con interesse tutto lo spettacolo. Nell’ultima scena la protagonista rimane finalmente sola e la voce fuori campo, che ricorda la caduta nel pozzo, introduce il momento risolutivo, in cui la rete diventa essa stessa pozzo e Alice si trova all’interno, avvinghiata alla bambola, che altri non è che la sua infanzia. Liberatasi delle vesti puerili, può uscire dalla rete e scoprire la nuova vita di donna che, libera dai fantasmi di un mondo che non esiste più, l’attende.

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