il blog dell'E45 Fringe Festival

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venerdì 15 luglio 2011

“Le briciole sulla tavola” di Antonella Rossetti

“Le briciole sulla tavola” del Teatro dei Sensi Rosa Pristina, le stanze della memoria.
«La memoria di cui è capace il nostro corpo nel risveglio di luoghi, odori, sapori, voci e gesti che ci appartengono nel profondo: è lì che possiamo veramente incontrarci». Ecco in sintesi le coordinate per orientarsi nella singolare performance a ciclo continuo “Le briciole sulla tavola”, proposta da Teatro dei Sensi Rosa Pristina di Napoli per la Rassegna Teatrale E45 Napoli Fringe Festival. La drammaturgia di Rosa Bisceglia, Roberta di Domenico De Caro, Fabiana Esca, Marzia Macedonio, Diana Magri, Carlo Melito e Susanna Poole, ha trovato spazio al Ridotto del Mercadante l’8 e il 9 luglio. I bravi interpreti “abitanti” della casa/memoria, Manila Cipriano, Salvatore Margiotta, Maria Francesca Stamuli, Antonietta Bonadies, Davide Giacobbe, sono abilmente diretti da Susanna Poole.  Qui  luogo d’incontro di rievocazioni assopite o rimosse non è il palcoscenico e il pubblico non si accomoda in platea.  Una  rossa e comoda poltrona  avvolgente  attende uno spettatore per volta al primo piano del foyer. È un attore dall’aspetto bohemien a dare loro il benvenuto. Con sguardo acuto riceve  e analizza gli astanti. L’inusuale seduta di psicoanalisi ha inizio. Domande curiose, risposte schive e l’immancabile disegno rivelatore di proiezioni inconsce. Il “novello Freud” dopo aver “indagato” la psiche recita le ultime sue battute  “Ti  sei mai chiusa nell’armadio?”  ed indicando una porta: “Bussa e aspetta”. Quei pochi gradini da risalire mettono ansia. Bisogna bussare e attendere? O entrare senza esitare? Il dubbio di non aver compreso bene la consegna sorge immediato. Ma solerte l’anziana padrona di casa  invita ad entrare. La stanza è buia. Una piccola lanterna illumina a malapena i volti. Come una  zia amorevole invita l’ospite a sederle accanto e a sfogliare con lei l’album delle vecchie foto di famiglia. Le foto seppiate raccontano storie ed hanno il sapore della melanconia: «Vedi come stava bene… eravamo in gita a Sorrento…». La voce  è  pacata e suadente. Forse parla di sua madre. Di un grande affetto. Narra dei suoi giochi semplici  di bambina. «A tavola facevo sempre le “mollichelle di pane” » e come rivolgendosi ad un familiare caro: «Le facevi pure tu?». Non sempre però le domande ottengono risposta. L’ospite-attore è ancora incerto del ruolo che gli è stato assegnato. Forse il copione prevede il silenzio? Ciascuno vorrebbe essere all’altezza del compito per non disobbedire al misterioso disegno drammaturgico. L’atmosfera appare tesa  e  per qualcuno la messinscena è per gli “addetti ai lavori”. E i più sprovveduti  si domandano: uscire o continuare il giro di giostra? Ma i saggi insegnamenti rammentano che bisogna terminare  sempre ciò che si è iniziato. Allora  tra timore e meraviglia meglio proseguire l’avventura. Lasciarsi prendere per mano dall’anziana parente e farsi condurre nelle stanze  dei ricordi. Ma l’attraente casetta nel bosco, dai tetti di croccante e marzapane, in Hansel e Gretel  non celava propositi crudeli?  Un tendaggio con pizzi e merletti lascia intravedere nella penombra delle bambine  che giocano a mosca cieca. Le piccole come bambole d’epoca sogghignano sottovoce. È giunto allora il momento di cominciare realmente a giocare? O di mettersi in gioco? Per bendarsi  gli occhi bisogna fidarsi. Non è semplice “affidarsi” alle tre sorelline  che  si rincorrono, si sfiorano e si accarezzano. Nella stanza-teatro accanto: tra trottole e burattini si impone un vecchio scrittoio con penna e calamaio del  libro Cuore. Il  caro e buon maestro di un tempo, insegna i prodromi della scrittura accompagnando la mano dell’allievo. Una tavola imbandita invita a sedersi e ad affidarsi   ancora una volta per meritare  ”la bella cosa”: una gustosa ciliegia. Ma ora nella memoria si aprono nuovi sipari . E’ tempo di crescere, per essere fecondi e seminare : una donna gravida mescola semi  in una  grande ciotola. Le sue mani s’immergono e invitano ad un intreccio di mani. Poi un sussuro “scegli un seme …è tuo”. QueI seme,  tenuto stretto in pugno, lo si affida alla madre-terra. Come una perla rara, da custodire e prendersene cura. Il  percorso della casa/memoria termina sul proscenio del Ridotto. Un’attrice  nel salutare “l’abitante” dell’ultima mezz’ora  chiede  di “lasciare due righe”. Ed ecco lo scambio di foglietti.  Una riflessione immediata in cambio del disegno tracciato nel foyer per  ciascuna mente. I partecipi, oramai distesi, vorrebbero far valere il diritto di replica. Ma per questa particolare drammaturgia è praticamente impossibile. Proprio come tornare indietro nel tempo. Ma ”Le briciole sulla tavola”, l’idea  intelligente, vivace ed amabile del Teatro dei Sensi Rosa Pristina, trova il modo e in soli trenta minuti. Sperimenta, invocando la Musa Mnemosine, la  ricostruzione delle tappe del processo percettivo di ciascuno. E raccomanda: attenzione, per “chiudersi  nell’armadio” bisogna aver coraggio e fidarsi. Soprattutto di se stessi.

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